29.3.11

Canzone della Settimana: The Wilhelm Scream



Secondo singolo per il londinese James Blake estratto dal suo debutto omonimo di quest'anno che ha stregato la critica e pure il pubblico inglese che l'ha celebrato nelle ottime classifiche di vendita.
Disco che viaggia tra le stanze sofferte di Bon Iver e i tratti elettronici dei concittadini xx, elementi che vengono amalgamati con risultati alterni. Alcune canzoni appaiono acerbe e senza una compiutezza e una rifinitura sonora adeguata, altre semplicemente sono perfette, dalla cover di Feist, Limit To Your Love (presa in simpatia pure da Linus), a The Wilhelm Scream che non è altro che una rielettura di un vecchio brano del padre, James Litheland, chitarrista progressive di fine anni 60' e autore di Where To Turn.

Il video di The Wilhelm Scream è altrettanto perfetto e fedele all' anima del brano: Un precipizio su cui si addensano tutti i resti di un' animo deflagrato inconsapevolmente, e su cui si sprofonda tra ostinazione e dolore.

A soli 22 anni James Blake ha già un futuro che viaggia a vele spiegate, in attesa di ulteriore maturazione.



Testo:
I don't know about my dreams
I don't know about my dreamin anymore.
All that I know is
I'm fallin, fallin, fallin, fallin.
Might as well fall in.

I don't know about my love.
I don't know about my lovin anymore.
All that I know is
I'm fallin, fallin, fallin, fallin.
Might as well fall in.

I don't know about my dreams
I don't know about my dreamin anymore.
All that I know is
I'm fallin, fallin, fallin, fallin.
Fallin.

I don't know about my love.
I don't know about my lovin anymore.
All that I know is
I'm lovin, fallin, lovin, lovin.
Might as well love you.

I don't know about my love.
I don't know about my lovin anymore.
All that I know is
I'm turnin, turnin, turnin, turnin,
Might as well turn in.

I don't know about my love.
I don't know about my lovin anymore.
All that I know is
I'm lovin, lovin, lovin, lovin.
Might as well love you.

I don't know about my dreams.
I don't know about my dreamin anymore.
All that I know is
I'm fallin, fallin, fallin, fallin.
Might as well fall in.

26.3.11

It's just a ride

A 17 anni dalla morte di Bill Hicks, in US verrà trasmesso il documentario "American: The Bill Hicks Story" che venne prodotto dopo la sua morte da parenti e amici del comico americano. Il documentario è disponibile da tempo gratuitamente sui canali streaming come Youtube anche in italiano. La mossa di riportare al cinema questo documentario è motivo di ricordare uno dei più grandi comici mai esistiti nell'era contemporanea, sottovalutato in patria, amato all'estero, è diventato il simbolo di come si possa trasformare la propria professione in un veicolo sociale con il quale è possibile stimolare il pensiero della massa, renderlo partecipe delle proprie preoccupazioni, smascherare false verità e far riflettere su avvenimenti importanti da un altro punto di vista. Oltre a esortare tutti quelli che non conosco questo artista a cercare i propri video su Youtube con i sottotitoli in italiano, lascio una canzone dei Tool estratta dall'album Aenema, sviluppato anche per la memoria del loro amico Bill Hicks. La canzone Aenima riporta all'interno del testo pensieri dell'ultima fase della vita del comico americano.



Some say the end is near.
Some say we'll see armageddon soon.
I certainly hope we will.
I sure could use a vacation from this
Bullshit three ring circus sideshow of
Freaks
Here in this hopeless fucking hole we call LA
The only way to fix it is to flush it all away.
Any fucking time. Any fucking day.
Learn to swim, I'll see you down in Arizona bay.
Fret for your figure and
Fret for your latte and
Fret for your hairpiece and
Fret for your lawsuit and
Fret for your prozac and
Fret for your pilot and
Fret for your contract and
Fret for your car.
It's a
Bullshit three ring circus sideshow of
Freaks
Here in this hopeless fucking hole we call LA
The only way to fix it is to flush it all away.
Any fucking time. Any fucking day.
Learn to swim, I'll see you down in Arizona bay.
Some say a comet will fall from the sky.
Followed by meteor showers and tidal waves.
Followed by faultlines that cannot sit still.
Followed by millions of dumbfounded dipshits.
Some say the end is near.
Some say we'll see armageddon soon.
I certainly hope we will cuz
I sure could use a vacation from this
Silly shit, stupid shit...
One great big festering neon distraction,
I've a suggestion to keep you all occupied.
Learn to swim.
Mom's gonna fix it all soon.
Mom's comin' round to put it back the way it ought to be.
Learn to swim.
Fuck L Ron Hubbard and
Fuck all his clones.
Fuck all those gun-toting
Hip gangster wannabes.
Learn to swim.
Fuck retro anything.
Fuck your tattoos.
Fuck all you junkies and
Fuck your short memory.
Learn to swim.
Fuck smiley glad-hands
With hidden agendas.
Fuck these dysfunctional,
Insecure actresses.
Learn to swim.
Cuz I'm praying for rain
And I'm praying for tidal waves
I wanna see the ground give way.
I wanna watch it all go down.
Mom please flush it all away.
I wanna watch it go right in and down.
I wanna watch it go right in.
Watch you flush it all away.
Time to bring it down again.
Don't just call me pessimist.
Try and read between the lines.
I can't imagine why you wouldn't
Welcome any change, my friend.
I wanna see it all come down.
suck it down.
flush it down.

21.3.11

My Chosen One

Non trovo niente di divertente, di ombellicale, e di autocompiaciuto nell' appassionarsi pubblicamente a un concetto di musica "indie" o dalla sostanza impopolare, spesso capita di trovarmi davanti ad accuse del genere che trovo così deboli e figlie di una insicurezza recondita nelle ragioni di chi non riesce a superare lo steccato imposto dal mercato, lo stesso però che ti permette di affezionarsi ad artisti che ti propongono una certezza di coralità, di condivisione più facile con altre persone, e di essere complici e spettatori di qualcosa di concreto e importante, perciò comprendo bene il disagio con cui si rispettano questi limiti.

Perchè nello specifico caso dei Guillemots, non è divertente avere a cuore una band che fa puro pop senza che questo significhi sacrificare un immaginario e una condivisione d'intenti poco avvezza ad accettare alcune regole. Il risultato per chi li segue è quello di ritrovarsi spettatori di tanto talento non riconosciuto a dovere; niente condivisione, pochi concerti, niente intimo orgoglio.

Il motivo si può anche individuare nella genesi della band che si forma nel 2004: Si parte da Birmingham, città natale per il leader Fyfe Dangerfield con molteplici presenze in gruppi tra i più disparati, ci si sposta a nord di Londra per reclutare il rude batterista Greig con precedenti folk irlandesi alle spalle, per partire poi alla volta del Canada e raggiungere la splendida contrabassista Aristazabal "Arista" Hawkes che ha appena concluso un tour sopra uno Yackt per le grazie di un misterioso miliardario, ed infine con naturalezza, concludiamo il viaggio in Brazile per affidarci nelle mani di MC Lord Magrão, ex chitarrista di una band Death Metal di San Paolo e arrivato a Londra come Arista per cercare fortuna. Non proprio l' immagine di un gruppo di studenti che si ritrovano a suonare nei fine settimana, il motivo per cui si sono uniti è ignoto, così come la certezza che alcune loro esperienze precedenti siano vere, quasi pericoloso scoprirlo, ne va del fascino per i piccoli miracoli.

L'esordio avviene nel 2006 in piena esplosione Revival-wave e della sua strumentalizzazione modaiola, il cosiddetto Indie, un corto circuito che ha contribuito a contaminare di pregiudizi, percorsi artistici preconfezionati, e di regole l'intera scena indipendente, tutte logiche che potrebbbero ingabbiare la musica dei Guillemots, ma che di principio le ignora.
Guillemots in italiano significa uccelli di mare, dettaglio che si estende nell' immaginario che la band vuole evocare. Sparsi sono i riferimenti naturalistici evidenti, mentre la musica e fedelmente l'incrocio delle influenze dei musicisti in questione, dalle partiture ritmiche tra soul e musica brasiliana, la testardaggine cronica della chitarra nel partorire suoni stratificati, nascosti, lontani dalla melodia pop inglese, alla sola presenza del contrabasso; questo per quanto riguarda i ruoli base dei componenti, in aggiunta ci sono Sax (!), trombe, una Orchestra messa a disposizione dalla Polydor (Major), Mellotron, e suoni e campanelli vari degni di una autentica bottega delle cianfrusaglie sonore.
In tutto questo le canzoni di natura pop britannica di Fyfe si colorano con invidiabile equilibrio e da lì prendono l'ispirazione e l'ampio respiro per canzoni a volte troppo estese per essere solo pop. Over the Stairs e São Paulo sono capolavori che vanno oltre gli 8 minuti e sono contenute rispettivamente nei primi lavori della band, L'Ep From the Cliffs (forse la loro vetta) e l'album Through the Windowpane, autentico classico pop inglese degli anni zero.
Esordio folgorante, una illimitata celebrazione fuori dal tempo e dalle mode della fragilità sentimentale, una mano tesa a rompere sostanzialmente ogni barriera fisica e mentale che ci impedisce di dialogare con l'esterno e con le persone più care, che sia il mondo immaginato con romantica ingenuità di We're Here dove la natura diventa una immensa pista da ballo, o la precaria confessione Buckeliana di Blue Would Still Be Blue, il tutto subliminato da If The World Ends, "One of The Last Love Song On This Little Planet".

Nell' esordio dei Guillemots ho paradossalmente ritrovato gli stessi connotati di Parachutes dei Coldplay, primo cd che acquistai di mia volontà; la magia della musica che ti conosce troppo bene, che si avvicina così tanto a raffigurare e a ricordare quello che sei e che inevitabilmente provi nel profondo, con i pro e i contro del caso, le immagini evocate e che ti circondano al primo ascolto diventano indelebili e il cuore si sgretola inesorabilmente, c'è solo da arrendersi, pure ai compagni di classe che ti guardano sconcertati con le tue cuffie alle orecchie.

Poi la vita continua, se i Coldplay ora li conoscono pure i nonni c'è chi ancora non si diverte a seguire altri idoli perdersi completamente per fallire il fatidico appuntamento con il secondo album, Red, una sorta di compromesso electro-pop commerciale davvero limitativo e a tratti imbarazzante, con qualche fascinazione alla studio Ghibli e follie sonore ormai standard a cercare di ravvivare la situazione, la loro finestra stavolta non si apre, e le sofferenze aumentano di fronte a Walk the River, terzo album in arrivo ad Aprile anticipato da due singoli agli antipodi.
Però non è divertente nemmeno abandonare la nave e non provare gratitudine per la musica e per delle persone sconosciute, pensiero magari considerato altrettanto patetico come i sentimenti esposti dalla band per alcuni che poi seguono l'onda anomala e cambiano artisti e genere di preferenza con scioltezza felina, magari dove non ci sono etichette o stereotipi che reggono, in quel caso whatever, mi tengo i miei guai.

www.guillemots.com
Soundcloud



Testo:
Fell in love with a boy
Grew tired of it
Fell in love with the world
Yearned to fire from it
Fell in love with the sand
Broke it off for the breeze
Broke it off for the weather

Walking slowly through space
Pleased and terrified
Backing out of the race
Extra edified
I want my sentences back
Can't remember their faces

And I'm still here
Holding on, and nothing, man
Stand on my life
Rewriting my delivery
Walk the river
Like a haunted animal

Everything was the life
The summer holidays
Christmastime in the dry
Always out of rain
Sit down and fall on a star
Did someone mention the weather
Did someone mention the weather

And I'm still here
Holding on, and nothing, man
Stand on my life
Here is my delivery
Walk the river
Like a haunted animal

It's an endless conversation
With an endless voice over endless fascination
Over endless choice and my heart's going out of missions on imagined motorways
I never said I was right, I just hoped you thought it anyway

Walk the river
Like a haunted animal
Walk the river
Like a haunted animal
Walk the river
Like a haunted animal
Walk the river
You haunted animal
Walk the river
We have lost all animals

20.3.11

Enrico Ghezzi - Cinema e Videogioco



Enrico Ghezzi affronta la tematica del 3D comparsa nel cinema grazie all'uscita di Avatar di James Cameron e tutte le sue conseguenze, analizzando la via di fuga che potrebbe avere il videogioco dalla troppa comparazione con il cinema.
Una delle ipotetiche "vie di fuga" è la capacità di socializzare con il giocatore, la capacità di alienare, la capacità di penetrare prepotentemente nella vita di ogni giocatore. Un videogioco "quasi infinito", che porta sempre al game over, ma che spinge sempre nella sfida, che si inculca nella mente e che diventa naturale ogni volta che lo riprendiamo, anche a distanza di anni. Tetris è l'esempio portato da Ghezzi come videogioco che riesce concettualmente e praticamente nell'intraprendere una via di fuga assolutamente opposta dal fotorealismo, nega ogni contatto con la realtà, porta tutti coloro che ci giocano in un mondo totalmente irreale. Quindi la spinta verso il reale, la ricerca continua nel voler essere più reale della realtà è la via più banale e la via più corta.
Impressioni che a livello di marketing e mercato rispecchiamo l'esatto opposto di quello che sta accadendo oggi, ma che si è consapevoli che dopo tutto questa banalizzazione non può che durare poco, ma comunque non si vuole e/o non si riesce ad uscire dalla spirale che è stata innescata sulla tecnologia, sul fotorealismo, sul perfezionarsi sempre di più per raggiungere vette sempre più alte di realismo dove abitare, nascondersi e viverci a discapito di infiniti mondi digitali possibili da creare.

19.3.11

Epic dungeon is Epic!

Continua il nostro navigare nel mare (meglio dire oceano) dei titoli Xbox Live Indie; oggi ci imbattiamo in una dolce spiaggia chiamata Epic Dungeon, epico non solo nel nome. Con il solito euro da spendere possiamo mettere le mani su un titolo che riesuma un vecchio modo di fare videogioco: i Giochi di Ruolo su Dungeon. Sono quei giochi che hanno trovato la loro fortuna su PC e console negli anni '80. Il gioco consiste in una discesa inesorabile in un dungeon pululante di mostri, denari, tesori, stanze nascoste, trappole e negozi dove acquistare oggetti ed equipaggiamenti. Il gioco è minimale: grafica bidimensionale "old-style" con la possibilità di fare zoom out e zoom in con la telecamera, personaggi e mostri costruiti con pochi e semplici pixel, ambiente di gioco povero di dettagli che riesce a modificarsi, mescolarsi ed ingannarti ogni volta che tu inizi una sessione di esplorazione. I personaggi da scegliere non sono molto classici: abbiamo il berserk, lo sciamano, il geniere e la maga. Ognuno possiede una tecnica principale assegnata ad un tasto, l'attacco primario è automatico nella direzione in cui noi decidiamo di muoverci, però si aziona quando sulla nostra strada ci scontriamo con un mostro. L'inventario è piuttosto soddisfacente come grandezza e l'equipaggiamento risulta molto classico: arma, armatura, collana ed anello. Le statistiche sono: attacco, difesa, destrezza e fortuna. Infine abbiano un'altra finestra con le abilità come la rigenerazione, l'attacco a 180°, la magia, la maledizione e la creazione di sfere difensive. Il gioco si arricchisce di fosse dove si trasforma in un platform bidimensionale dove possiamo saltare da una piattaforma all'altra e raccogliere più monete possibile prima di cadere nel livello inferiore. I punti interrogativi, invece, mettono in scena situazioni a scelta multipla completamente testuali che richiamano l'immaginario che si aveva negli anni '80 di questo tipo di videogiochi.  
 Epic Dungeon si dimostra non solo divertente nella sua semplicità di utilizzo, ma anche spensierato nel suo approcio, competitivo nei confronti del giocatore, capace di farci rilassare anche quando incontriamo l'ennesimo game over e divertire quando nella partita successiva troviamo la lapide del personaggio precedente. Il tempo sembra volare quando cominciamo una partita, le fasi di ragionamento sono ridotte all'osso, il divertimento è quasi istantaneo e per un momento non sembra di giocare su una console casalinga, dove le "regole su come creare un videogioco" sembrano andare contro ad un'esperienza del genere. Sembra quasi un gioco portatile, vista l'immediatezza dell'azione e le molte possibilità di salvare le proprie statistiche. Un ottimo gioco che non ha bisogno di trame, perchè già le nostre azioni colmano il lato narrativo, non ha bisogno di preparazione vista la semplicità di utilizzo e non ha bisogno di un assiduo allenamento per chi è abituato a giocare. Un passatempo veramente ottimo che ogni tanto serve e deve essere valorizzato per quello che è: un epico passatempo.



http://marketplace.xbox.com/it-IT/Product/Epic-Dungeon/66acd000-77fe-1000-9115-d80258550706

15.3.11

Correva l'anno 20XX quando...

La piattaforma Xbox Live Indie Games dedicata a tutti i piccolissimi sviluppatori è una fucina in fermento, ogni giorno c'è sempre qualche release, i giochi sono così tanti che sembra di entrare in una selva oscura quando consultiamo il catalogo giochi, per fortuna internet ci viene incontro. Breath of Death VII è uno di quei giochi per cui vale la pena fare qualche ricerca e perdere pochi minuti per conoscere i giochi più belli usciti finora e tra la marea di platform e sparatutto, un RPG in stile Giapponese risalta molto. Alla modica cifra di 1€ (80 Microsoft Points) possiamo portarci a casa uno dei pochi esempi di come si dovrebbe sviluppare un gioco a budget bassissimo. Già dal titolo il videogioco appare una chiara citazione alla generazione d'oro con un Breath che ricorda la serie Breath of Fire, Death che pronunciato a fine titolo ricorda vagamente la serie Dragon Quest e il sette in numero romani, chiaro ricordo dedicato a Final Fantasy VII.
Il gioco ci riporta ad una cura tecnica dell'era 8 Bit, dove i colori scarseggiavano, le ambientazioni erano composte da pochi elementi, i dungeon erano fin troppo caotici e illogici, gli sfondi durante le battaglie erano inesistenti.
 In BoD però non si cerca la sola citazione, ma gli sviluppatori modellano una formula magica, un sigillo di qualità che contraddistinguerà i loro futuri prodotti ovvero un contatore di battaglie in ogni dungeon e world map, la possibilità di combattere selezionando "Fight" dal menù e il contatore di Combo presente durante i combattimenti che ci permette di aumentare il danno di determinate tecniche. Piccoli dettagli che vanno a creare una originale modo di giocare, riconoscibili tra tanti sia in questo videogioco che in altri dello stesso sviluppatore. Formarsi un'identità ben precisa è stata la scommessa vinta dal gioco che offre una storia molto classica e semplice ma che viene ricordata con tenerezza da chi ha ancora vividi ricordi dei primi JRPG usciti su NES/SNES. La comicità è la carta vincente per guardare oltre l'aspetto estetico e cominciare ad apprezzare i dialoghi tra i vari personaggi, tutti strani e particolari.
L'ambientazione fantasy è presente, ma poco marcata, i personaggi mostruosi (Dem lo scheletro, Sara lo spettro, Lita la vampira ed Erik lo zombie) sono i soli protagonisti assoluti del gioco, si sostengono e si mantengono tutti allo stesso livello d'interesse, le gag inserite dagli sviluppatori come parodia dei vecchi jrpg strappano più di un sorriso e il sistema di combattimento semplice, veloce e strategico ci attraggono come calamite. Difficile pensare di spendere meglio 1€ in videogiochi, sopratutto quando uno di questi ti risveglia un interesse lontano come quello di prendere in mano qualche JRPG rimasto ad ammuffine sulla libreria. L'uscita della versione migliorata di Cthulhu Saves The World ci permetterà di parlare ancora su questo blog degli sviluppatori del gioco: gli Zeboyd Games!





http://marketplace.xbox.com/it-IT/Product/Breath-of-Death-VII/66acd000-77fe-1000-9115-d802585504bd

http://zeboyd.com/

Canzone della Settimana: Lovers In Japan



Testo:
Lovers, keep on the road you're on
Runners until the race is run
Soldiers, you've got to soldier on
Sometimes even the right is wrong

They are turning my head out
To see what I'm all about
Keeping my head down
To see what it feels like now
And I have no doubt
One day we're gonna get out

Tonight maybe we're gonna run
Dreaming of the Osaka sun
Ohhhh ohh ohh
Dreaming of when the morning comes

They are turning my head out
To see what I'm all about
Keeping my head down
To see what it feels like now
And I have no doubt
One day the sun will come out

11.3.11

Bonus: Belong


Dopo un esordio esplicito nei rimandi al passato indie-pop britannico di fine anni '80, il nuovo disco dei newyorkesi The Pains of Being Pure at Heart prosegue il sentiero di un revival della storia dell' indie-pop stazionando stavolta ai primi e stratificati anni '90, già ripescati con più personalità dai Chapel Club.

Il nome del nuovo lavoro è Belong, affidato nelle mani di due produttori storici dei nineties: Flood (Depeche Mode, Smashing Pumpkins, fino ai recenti Sigur Ròs) e Alan Moulder (Ride, My Bloody Valentine, Nine Inch Nails), di cui è chiara la loro influenza su questo disco un po' anacronistico ma davvero ben fatto e pieno di ottime canzoni pop, disco da regalare a chi continua a odiare Luke Perry.

Belong on Soundcloud

Sempre sulla pagina Soundcloud dedicata alla band, è disponibile anche il loro esordio omonimo del 2009.

10.3.11

Anche i grandi piangono sotto la pioggia


Sotto la pioggia si è consumato un omicidio: la ragazza più bella e popolare di Greenvale ha trovato la morte nel bosco di Greenvale, il suo corpo è stato ritrovato senza vita, crocifisso su un albero secolare in mezzo alla foresta. Un serpente percorre il suo gelido corpo, coperto per meta da un tessuto di velluto rosso, all'altezza dell'ombellico si alza una ferita verticale.
Un agente dell'FBI specializzato in Investigazioni Psicologiche si precipita nella cittadina per scoprire l'assassino di Anna Graham. Qua ha inizio la storia di Deadly Premonition, lento ed inesorabile delirio di potenza ed umiliazione che investe una sconosciuta città della parte Nord Est degli Stati Uniti d'America. Greenvale è la città dove realtà e leggenda si incrontrano, si mescolano e ci portano fuori da binari logici della nostra vita per mostrarci quanto illogico e surreale può essere il posto più tranquillo della Terra.

Francis York Morgan è il principale attore di questa storia, la ricerca dell'assassino non sarà solo la soluzione di un caso, ma la chiave di volta della propria vita. Significati nascosti, dettagli da cogliere e ricordare, sono cose che non ci stancheremo di prendere in considerazione. L'arrivo alla città sarà preceduto dal primo incontro con il probabile assassino. Una città paralizzata da leggende e credenze legate al tempo è un terreno ottimo per mettere in scena una sequela di omicidi efferati. Trovarsi faccia a faccia con la sagoma dell'assassino all'inizio del gioco è una dimostrazione di potenza e di audacia non naturali. Greenvale ci risulterà una cittadina tranquilla e pacifica, piena di stranezze scaturite da una quotidianetà monotona, estraneante, insignificante.
George, Emily e Thomas sono i comprimari della storia, tutti appartenenti alla stazione di Polizia locale, impegnati, insieme a voi, a risolvere il mistero che si crea su Greenvale. La familiarizzazione iniziale che abbiamo con la cittadina ci permette di conoscere tutti i personaggi presenti nel gioco, aiutandoli nelle missioni secondarie conosceremo lati più profondi del loro carattere, del nostro carattere, dettagli sulle indagini e raccomandazioni sulle procedure di indagine. Il gioco tiene sempre in considerazione la raccolta di dettagli, offre fin dal Prologo indizi utili a risolvere il caso che i giocatori meno accorti si dimenticano nella propria mente e fanno riemergere quando il gioco oramai è volto al termine. Le missioni chiamate secondarie sono in realtà tasselli di un puzzle che evidenziano sempre aspetti della trama utili, per questo all'inizio del gioco troviamo largo spazio per completarle. Intraprenderle ci permetterà più avanti di impostare un ragionamento "logico" sul susseguirsi degli eventi. Quando il gioco ci fa ambientare in una cittadina non più estranea, ma familiare, viva e in continua evoluzione, mette l'acceleratore e ci spinge verso un abisso sempre più rosso, il susseguirsi degli eventi nella seconda parte del gioco è rapida, non c'è tempo per rilassarsi, nuovi omicidi sono dietro l'angolo e il nostro metodo di analisi comincia a scricchiolare. I dubbi non si risolvono ma si sommano, la certezza iniziale vacilla, si trasforma in insicurezza, i personaggi cambiano radicalmente il proprio profilo psicologico e qui iniziano la discesa nella mente di ognuno. Tutto questo porterà ad un finale inaspettato, duro da accettare, perfido, sadico, senza un punto di ritorno, l'arrivo a Greenvale sembra oramai un lontano ricordo, come fosse passata una vita, ora ci guardiamo allo specchio con qualche ferita in più sul viso, ma un enorme ferita che ci lacera il cuore e che dimostra quanto è stato efficace il videogioco a livello emotivo. Deadly Premonition fa riflettere, cosa non molto comune di questi tempi.

9.3.11

Canzone della settimana: Counting The Colours Til Friday


Capita ad alcuni artisti di pubblicare al primo colpo qualcosa di già perfetto, capace di sorvolare intere epoche musicali, aldilà delle influenze a cui sono necessariamente legati. Frutti dorati che non sempre poi saranno replicati, portando tali artisti a non riuscire ad alimentare la flebile fiamma scaturita dall' esordio. Ci sono tanti frutti del genere sparsi chissà dove in attesa di essere colti, chi più nascosti, chi meno.
In questo caso provo a parlare di una sola canzone contenuta in Apes in Aereoplanes, (grato per questo gioco di parole) primissimo e ottimo lavoro formato Ep, (gratuito!) dei Marthas and Arthurs, giovanissima band proveniente dalla parte nord di Londra.

La band ha un nome che riecheggia a binomi leggendari come Mamas and Papas e Belle and Sebastian, nomi che si trovano anche nelle loro atmosfere rurali color pastello degne dei primi Belle and Sebastian, (con tanto di flauto a presso). Questi colori però tratteggiano soprattutto il loro folk-pop corale ma cordiale, fatto di voci incontaminate, che si fissano nel riflesso bucolico da cui pare sono atterrati.

La canzone è Counting The Colours Til Friday, una preghiera, una celebrazione alla perdizione in musica, ai suoi possibili e probabili effetti, alla deriva odierna in cui il suo utilizzo viene contemplato, al motivo recondito e primario per cui ritroviamo la nostra testa appoggiata al volante durante i Venerdì. Tu sai come ci si sente.

Non so se in futuro riusciranno a replicare una andatura così perfetta e classica, me lo auguro mentre nel frattempo mi tengo stretto questa canzone, per ogni viaggio e ogni volta che dovrò trovare un fiore per le strade, Jazz permettendo.



Testo:
It's dangerous to go where the streets and jazz are free
It's dangerous to go looking for flowers there
I thought you should know you might fall apart
I thought you should know I already did
Fa fa so la te do
Fa fa thought you should know

Sometimes fall asleep at the wheel
Cos I'm counting the colours til Friday
You know how it must feel
To be counting the colours til Friday

Can you hear them scream for more more more
They live in each others' fists, they live in the undersky
If music was made for those the slowly blind
For those with two ears struggling to hear
They'll run out of time

Sometimes fall asleep at the wheel
Cos I'm counting the colours til Friday
You know how it must feel
To be counting the colours til Friday

Golden girl where did you learn
To tie your tongue like that?
And it's nobody's business to ask what they're itching
Hold on tight and face the front
And it's nobody's mess but yours that's sticking
Hold on tight and close your eyes

Sometimes fall asleep at the wheel
Cos I'm counting the colours til Friday

5.3.11

What have you done, Tim?

Vincitore di un Oscar, che non lo esclude affatto dall'essere, secondo me, uno delle peggiori sorprese del passato 2010, Alice in Wonderland non è stato ciò che ogni appassionati o conoscitore di Alice McGee sognava ovvero non un mero scimmiottamento dello stile gotico da teenager in un film disneyano ma una destrutturazione del film animato Disney. Per fortuna la sua uscita sembra aver risvegliato un altro progetto che da tempo non veniva a galla e cioè il seguito di American McGee's Alice. Il primo episodio uscì nel 2000 per PC e colpì subito per le sue ambientazioni non proprio leggere, bensì caotiche, malsane, graffianti. Fu un ottimo modo per dimostrare come si potesse rispolverare la licenza di Alice, strapparla dalle sue vesti commerciali e ritinteggiarla secondo un'idea interessante. Il gioco è di per sè il sequel del secondo libro "Dietro lo specchio", Alice sarà colpita da un evento che ne cambierà drasticamente la propria natura mentale: un incendio accidentale divamperà nella casa dei genitori e lei, unica superstite, ne uscirà mentalmente a pezzi. Costretta a vivere in un manicomio, dopo 10 anni verrà riportata nel Paese delle Meraviglie dal Bianconiglio e lo spettacolo che si troverà davanti non sarà affatto delizioso.


Questo è il primo trailer apparso su internet: un piccolo corto in stop-motion dove Alice viene mostrata durante una terapia e comincia ad avvertire il primo richiamo dallo Wonderland. Il design richiama ancora il primo capitolo, sia per l'ambiente che per i vestiti e la conformazione corporea di Alice.
Rilasciata dal Manicomio di Rutledge, si sottopone a seduto di psicoterapia per riuscire a ritrovare se stessa. La morte dei genitori a causa dell'incendio però è ancora molto impressa nella mente e la porta ancora a vacillare mentalmente.







Il Paese delle Meraviglie non riesce ad affievolire i pensieri, viene trascinata dalla sua mente in situazioni caotiche, quasi deliranti, che si creano all'interno del proprio mondo. Alla GDC 11 è stato infine rilasciato l'ultimo trailer che ne da la data di uscita e ne mostra le sequenze in gioco. Secondo me, come successe per il primo titolo, è il trailer che rende meno giustizia all'opera perchè mostra un gameplay abbastanza monotono e anonimo, prendendo più che uno spunto da giochi come l'ultimo Castlevania e God of War, bullet time simili a quelli di Alan Wake, attacchi e sessioni che ricordano anche Dante's Inferno. Si nota anche un ingrandimento della taglia dei mostri, fattore comune ai giochi già citati e che in questo periodo va per la maggiore.


Il contrasto tra il periodo Vittoriano presente nella vita reale e le follie industriali e caotiche del Wonderland risaltano la mente complessa, contorta e fragile di una protagonista che vive in una realtà dove le grandi macchine si stanno conquistando il proprio terreno, dove la produttività industriale cambiò radicalmente la vita del mondo intero e l'uomo cominciò a dubitare delle proprie capacità fisiche di fronte a delle macchine.
Alice: Madness Returns esce a Giugno, un buon periodo per farsi conoscere, perchè si entra nei mesi più leggeri e monotoni dell'anno per l'industria. Aspettiamo che il gioco esca per poterlo provare.

1.3.11

Canzone della settimana: All and Everyone


La copertina di Let England Shake mostra una migrazione di uccelli che riesce ad attraversare una pozzanghera nera, per la prima volta non c'è PJ Harvey a mostrarsi, il contenuto del disco non presenta più i temi privati e interiori tanto sviscerati dall' artista in tutta la sua carriera, è una sorta di liberazione, di sguardo oltre la finestra.
Sguardo che si posa altrove, dove sono altre persone a soffrire in modo ben più fisico e letale, la guerra e ciò che ne consegue, tutte le volte, specie quelle inutili e stupide fin dalla loro progettazione e conclusione; il riferimento usato spesso da PJ in questo disco è la battaglia del 1915 di Gallipoli durante la prima guerra mondiale, uno degli insuccessi più tragici e inutili della storia, specie quella inglese, nazione d'origine di PJ Harvey che non esita a criticare, ironizzando e consolando al tempo stesso, ad ammonire alla luce degli ultimi anni di governo laburista che ha condotto nuovamente il paese ad affrontare altre guerre inutili.

All and Everyone ci ricorda che la morte è ovunque, che viene continuamente sfruttata in ogni nostro gesto a discapito di chi la perde inutilmente per noi, celebrati dai capi e dai loro fedeli sudditti (ora chiamati giornalisti) in nome della libertà e della patria, niente per ora cambia questa crudele e folle sorte. Concetto che non vale solo per L'inghilterra, in Let England Shake si affrontano tematiche e ricordi storici comuni a ogni popolo che spesso si proclama liberale e pacifico.



Testo:
Death was everywhere,
in the air
and in the sounds
coming off the mounds
of Bolton's Ridge.
Death's anchorage.
When you rolled a smoke
or told a joke,
it was in the laughter
and drinking water
it approached the beach
as strings of cutters,
dropped into the sea and lay around us.

Death was in the ancient fortress,
shelled by a million bullets
from gunners, waiting in the copses
with hearts that threatened to pop their boxes,
as we advanced into the sun
death was all and everyone.

as we advancing, in the sun
as we advancing, everyman
as we advancing, in the sun
sing "Death to all and everyone."

Death hung in the smoke and clung
to 400 acres of useless beachfront.
A bank of red earth, dripping down death
now, and now, and now
Death was everywhere
in the air
and in the sounds
coming off the mounds
of Bolton's Ridge.
Death's anchorage.
Death was in the staring sun,
fixing its eyes on everyone.
It rattled the bones of the Light Horsemen
still lying out there in the open

as we advancing, in the sun
as we advancing, everyman
as we advancing, in the sun
sing "Death to all and everyone."