24.2.11

Pensieri fugaci e maligni


Questa generazione ha portato molte domande sulla lunghezza dell'esperienza di gioco, perchè questa generazione ha aperto al mondo del multiplayer a 360 tutte le console casalinghe, avvicinandole per certi versi a "tradizioni di natura informatica" come il rilascio di patch o di contenuti esclusivi via connessione internet. Questa generazione ci ha fatto riflettere sui pro e i contro di una esperienza corta ed incisiva ogni volta che un gioco della serie "Call of Duty" usciva. Prendo per esempio proprio questa serie che in questa generazione si è completamente trasformata, abbandonando a loro stessi l'utenza PC che la supportò agli inizi per abbracciare calorosamente milioni e milioni di persone presenti sulle piattaforme casalinghe. Nonostante i numeri fatti dalla serie ed i budget stanziati, l'esperienza di gioco risulta assai corta per l'adolescente e, diciamo, normale per l'adulto lavoratore. Se all'inizio Call of Duty utilizzava le citazioni cinematografiche come mezzo per creare il proprio simulatore di guerra d'intrattenimento, ora Call of Duty vuole essere una citazione, aspira alla cinematografia, tutto è calcolato per un set cinematografico e non per un videogioco. I budget quindi si alzano, ma la qualità? Analizzandolo dal lato videoludico, il gioco rimane fiacco, intrappolato da regole e dettami di 5-7 anni fa come la maggior parte dei giochi di Sparatutto. L'intelligenza artificiale non ha sviluppo, rimane piatta, esegue sempre i soliti dettami, ha il proprio copione. Le musiche hanno il loro copione, i tuoi compagni hanno il loro copione, gli effetti speciali hanno il loro copione, tutti lo hanno, ma tu no. Quando ad una struttura così rigida manca anche un piccolo pezzo, tutto crolla con grande rumore. Questo gli sviluppatori lo sanno ed ogni capitolo che passa la propria esperienza di gioco si trasforma in un gioco di rally: "Guardata cosa è successo, spara! Nasconditi! Seguimi! Gira a destra! Prendi e spara! Spara! Hai finito il gioco!".
Provate ad uscire dal personaggio che il gioco incessantemente cerca di formarvi addosso come una pattacca di cioccolato e guardate cosa succede senza l'attore principale.
La centralità del giocatore è fondamentale, possiamo quasi dire che ci troviamo nell'Umanesimo videoludico dove il giocatore è al centro dell'universo e tutto è fatto per divertirlo, entusiasmarlo, adorarlo, venerarlo. L'esperienza multiplayer invece è il rovescio della medaglia: sei una persona, un nick, spedita in una mappa durante una missione, ti prendi un colpo in testa e muori, avanti il prossimo.
Questo contrasto tra esperienza singola ed esperienza multi genera una formula vincente che in questa generazione è diventata stra-abusata.
Possiamo pensare, per voler essere volgari, che la modalità single player è quella notte perfetta con una ragazza che finisce fin troppo presto per una eiaculazione precoce, invece la modalità multiplayer sono le notti insonni a ripensare a quei momenti mentre ci masturbiamo fino allo sfinimento. Dannatamente divertente, ma dannatamente stancante. Dannatamente assuefante, ma mentalmente paralizzante. Forse abbiamo scoperto la Teoria sui Massimi Profitti e si basa sulle seghe.

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