11.1.12

Come quella volta che mi portarono in Africa

Ascoltare per la prima volta Andy Stott è come essere rapiti da un auto nera e riaprire gli occhi in mezzo al deserto, non connettere tutto ciò che è accaduto nell'intermezzo tra questi due avvenimenti e rimanere tra lo stupito, lo straniamento e la demoralizzazione. Di punto in bianco vieni catapultato in un ambiente ostile, una giungla africana, un posto dove non ti senti accolto bene, dove la sabbia ti entra nei vestiti, il fango ti sporca la faccia e le liane ti ostacolano il cammino. Prendi confidenza con il luogo: flora e fauna cominciano a mostrarsi per quelle che sono e non per ciò che ti eri immaginato essere. Non c'è niente di buono o cattivo, è solamente il tuo orecchio che connesso al cervello deve continuare ad identificare costantemente i rumori del luogo. Questo per me è stato soltanto il primo approcio con questo artista che, ad oggi, conta solo di vari EP. E' ancora prematuro consigliare tracce da parte mia, non escludo che io o l'altro compare di blog possa in futuro parlarne più approfonditamente.

Nessun commento:

Posta un commento