Non parlo assiduamente di musica dal 2011, sostanzialmente perchè non c'è molto da dire, perciò così ,butto giù una serie di nomi a caso di ciò che ho apprezzato e reso grazie durante quest'ultimi anni.
Innanzitutto un grappolo di cantautori che potrei ricondurre a una sorta di scena slacker, che musicalmente e per attitudine si riflettono in questa definizione cara all'esordio di Linklater alla regia; ovvero Bradford Cox (sia solista che con i Deerhunter), Ariel Pink, Mac deMarco, Connan Mockasin e forse anche Ty Segall.
Ciò che è più vicino al brit-pop o generalmente a scene musicali gloriose.
Poi il primo disco di John Grant, la collaborazione tra King Creosote e Jon Hopkins, l'affermazione dei Beach House, il ritorno di Fiona Apple, la riesumazione di alcune salme ( Neneh Cherry, Bill Fay, Swans), Bish Bosch, Colin Stetson, Andy Stott, Oneothrix Point Never, Let England Shake, il doppio disco di Grouper, la sola presenza dei Death Grips, Erykah Badu che trova il tempo di ribadire la sua regalità, Matana Roberts, Tim Hecker,, Miley Cyrus e il post puttanesimo, e per ultimo l'improvviso e incomprensibile exploit dopo venti e più anni di carriera di Mark Kozelek, probabilmente pure lui è rimasto di stucco e ha cominciato a delirare, ma è comprensibile.
Rimarranno pure i Daft Punk, These New Puritans, Kanye West, War on Drugs, St Vincent, Lana del Rey, The National e Alt-J, e Kendrick Lamarra, M83 magari, non per me.
Per il futuro scommetto su Laura Marling (anche se ha già contribuito molto con il precedente disco) e i Money, sempre se il loro cantante non si abbandonerà completamente alla poesia e al vagabondaggio alcolico.
Comunque dicevo, tanta di questa brava gente la scambierei volentieri con un disco a caso dei Novanta, tipo Entroducing di DJ Shadow.